Per atto di donazione, si intende un trasferimento di proprietà di un oggetto, o più in generale, un bene patrimoniale (che può essere un immobile, un’auto, del denaro, un oggetto di valore, un oggetto qualsiasi, ecc), o un proprio diritto ad un’altra persona, chiamato donatario, senza che vi sia alcuna prestazione in cambio.
La motivazione per cui in genere si sceglie di effettuare una donazione è legata a questioni affettive ed è costituita dalla spontanea volontà del donante di arricchire l’altra parte contrattuale, senza corrispettivo, e con il conseguente impoverimento di sé.
Per concretizzare un atto di donazione è necessario recarsi presso una sede notariale, in modo da poter eseguire il tutto tramite atto pubblico; questo farà in modo da ufficializzare la donazione che altrimenti risulterebbe nulla.
Di norma la revoca di un atto di donazione in seguito ad accettazione, non è ammessa dalla legislazione, poiché è moralmente scorretto pretendere la restituzione delle liberalità.
Esistono però dei casi particolari in cui la legge ammette la revoca della donazione effettuata.
Le principali possono avere luogo da inconvenienti interpersonali o possono essere scatenate da litigi o cause di forza maggiore.
In ogni caso è bene sapere come affrontare la questione in modo civile e organizzarsi di conseguenza per saper gestire i moduli e le varie scartoffie in modo corretto.
La revoca di un atto di donazione – e degli atri di liberalità v. art. 809 c.c -, può essere concessa solo ed esclusivamente in due casi previsti dall’art. 800 del codice civile, a particolari condizioni e può essere richiesta sia dal donante che dai suoi eredi:
Il primo caso prevede però delle condizioni specifiche, riportate dall’art. 801 c.c., il quale recita che la revoca per ingratitudine può essere chiesta quando il donatario – colui a cui è fatta la donazione:
Nel caso di sopravvenienza di figli, le richieste di revoca possono essere effettuate secondo alcune condizioni in situazioni particolari, ai sensi dell’art. 803 c.c.:
Nel caso in cui dovesse venire a mancare il figlio o discendente del donante, l’azione della revoca non sarà più proseguibile.
È bene essere a conoscenza però, che non tutti gli atti di liberalità possono essere oggetto di revoca. Ne sono escluse ex art. 809 c.c. le donazioni rimuneratore, quelle non soggette a collazione ex art. 742 c.c. e quelle fatte in occasione di un determinato matrimonio.
Quali sono, dunque, le pratiche legali e burocratiche da svolgere per richiedere la revoca di una donazione?
Le procedure da effettuare, vanno eseguite tramite atto pubblico, ovvero con la presenza di un notaio.
Le spese sono diverse, tra cui tasse, imposte ed onorario del notaio ed i costi variano in base al valore dei beni oggetto della revoca.
Ad esempio, per un immobile del valore di 300mila euro, le spese si aggirano intorno ai 3mila euro.
I termini per ottenere la revoca di una donazione variano in base ai diversi casi:
Nel momento in cui la richiesta di revoca della donazione va in porto, il donatario in questione sarà tenuto alla restituzione dei beni ad lui precedentemente conferiti, senza possibilità di contestazione.
La revoca, difatti, quale iniziativa “a senso unico”, non necessita di alcuna dichiarazione da parte del destinatario, secondo il diritto potestativo del donante che conferisce egli il potere di togliere efficacia alla donazione nei casi da essa previsti.
Nell’eventualità in cui il donatario ha alienato i beni donati, egli, o i suoi eredi, si faranno carico di restituire una somma in denaro pari al valore dell’oggetto donato e dei guadagni da esso ricavati; in questo scenario, la legge si è premurata di tutelare gli interessi di terzi che abbiano acquistato diritti sui beni oggetto della donazione.
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