Il 4 marzo si sono tenute le elezioni per votare l’attuale governo italiano che, dopo mille peripezie, si è formato l’1 giugno ed è costituito dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle.
I due partiti hanno firmato un contratto di governo dove sono contenute tutte le proposte che verranno svolte durante gli anni di governo che spetteranno ad essi, tra le quali troviamo la Flat tax.
In generale si tratta di un sistema fiscale non progressivo, basato su un’aliquota fissa che si riferisce, solitamente, alle imposte sul reddito familiare e talvolta sui profitti delle imprese; tale sistema fu ideato per la prima volta nel 1956 dall’economista statunitense Milton Friedman.
La tassazione non progressiva è costituita da basi strettamente storiche, in quanto costituiva nell’antichità la forma più semplice di tassazione diretta, come il versamento di una decima in natura: un decimo di quanto raccolto dai leviti era offerto al Signore nella Prima Tenda del Tempio.
La seconda decima poteva essere mutata in denaro, mentre la terza decima era stabilita dalla legge mosaica per orfani, vedove e forestieri. Il problema di determinare la logica secondo la quale si decida la progressività dell’aliquota, cioè quale percentuale per quali scaglioni di reddito, sarà dibattuta tra gli economisti tra l’800 e il 900.
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Dove esiste la flat tax
Esistono diversi paesi, alcuni in via di sviluppo, altri che, in uscita dall’ex Unione Sovietica, hanno adottato delle varianti della flat tax. Questi paesi si basano un po’ sulla forma della decima di cui abbiamo parlato prima, per cui si paga di più sulle proprietà di maggior valore.
Nell’Unione Europea le Repubbliche Baltiche hanno adottato un sistema tributario flat con aliquote pari al 24% del reddito familiare in Estonia, del 25% in Lituania e del 33% in Lettonia; in Slovacchia una flax tax del 19% è stata in vigore sulla maggior parte delle imposte dal 2004 al 2013; in Romania c’è dal 2005 una flat tax del 16% sui redditi familiari e sugli utili delle imprese. In Ungheria la flat tax, nel 2011, causò una forte perdita di getto, ma non un aumento della crescita economica ed il governo fu costretto a introdurre delle nuove imposte.
Solo cinque dei cinquanta stati degli Stati Uniti hanno adottato un’imposta statale sul reddito basata su un’aliquota unica, sebbene uno studio documenti che il circa il 90% dei contribuenti americani pagano un’imposta federale sul reddito del 18% circa.
Flat Tax in Italia
In Italia, come cita il contratto di governo, a causa dell’elevata pressione fiscale, la capacità di spesa delle famiglie e imprese per consumi e investimenti è insufficiente, con standard quantitativi e qualitativi inferiori alla media europea.
Allo stesso tempo, la burocrazia è molto articolata e impegna i contribuenti in eccessivi adempimenti, con rilevanti aggravi economici per essere in regola con il fisco, e ciò incide negativamente sia sulla qualità del rapporto tributario con i contribuenti che sulla competitività del comparto produttivo italiano.
La soluzione a questo potrebbe, per l’appunto, essere la flat tax, ovvero una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzione per assicurare la progressività dell’imposta, in equilibrio con i principi costituzionali.
Il nuovo regime fiscale si caratterizza in due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3 milioni di euro sulla base del reddito familiare. Lo scopo è quello di non portare degli svantaggi alle classi a basso reddito, per le quali resta confermato il principio della “no tax area”, nel senso che non subiranno alcun trattamento fiscale penalizzante rispetto all’attuale regime fiscale.
Gli effetti che ne potrebbero conseguire sono maggior risparmio di imposta, maggiore propensione al consumo e agli investimenti e maggiore base imponibile tassabile.
Inoltre è necessario rifondare il rapporto tra Stato e contribuenti rivedendo i principi e i criteri che regolano l’agire dell’amministrazione finanziaria.
Sul versante della riscossione, l’azione dell’amministrazione deve contemperare l’interesse del cittadino al pagamento di quanto dovuto con l’interesse a ricevere il minor aggravio possibile, evitando ogni forma di pressione tale da ingenerare uno “stato di paura” nei confronti delle istituzioni e dei soggetti preposti alla riscossione.
Le statistiche evidenziano che gli incassi della riscossione derivano quasi esclusivamente dalle rateazioni e da altre misure analoghe che mirano ad agevolare il pagamento. È evidente allora la necessità di un intervento per potenziare le procedure finalizzate al recupero bonario del credito. Il miglioramento delle procedure di riscossione passa inevitabilmente dal preventivo e definitivo smaltimento della mole di debiti iscritti a ruolo, datati e difficilmente riscuotibili per insolvenza dei contribuenti.
È opportuno instaurare una “pace fiscale” con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica.
Esclusa ogni finalità condonistica, la misura può diventare un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà ed il primo passo verso una “riscossione amica” dei contribuenti.
Occorre intervenire per risolvere la questione dei debiti insoluti della pubblica amministrazione nei confronti dei contribuenti, tenuto conto della portata patologica del fenomeno in Italia e la necessità di una sua ridefinizione in sede europea ai fini degli indicatori statistici.
L’equilibrio del rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti passa anche dalla parificazione degli strumenti messi a disposizione per l’incasso dei rispettivi crediti.
Sul punto, tra le misure concretamente percorribili, spiccano l’istituto della compensazione tra crediti e debiti nei confronti della pubblica amministrazione, da favorire attraverso l’ampliamento delle fattispecie ammesse, e la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio, anche valutando nelle sedi opportune la definizione stessa di debito pubblico.
È necessario intervenire per l’abolizione dello spesometro e del redditometro, strumenti anacronistici e vessatori di rilevazione del reddito, confermando la contrarietà a misure di tassazione di tipo patrimoniale. Di contro, anche in considerazione della drastica riduzione del carico tributario grazie alla flat tax e alle altre misure sopra descritte, sul piano della lotta all’evasione fiscale, l’azione è volta a inasprire l’esistente quadro sanzionatorio, amministrativo e penale, per assicurare il “carcere vero” per i grandi evasori. Si intende inoltre favorire la cooperazione internazionale in materia di scambio di informazioni, oltre che prevenire l’elusione fiscale internazionale favorendo la tassazione dei grandi capitali esteri, nonché introdurre adeguate misure per il contrasto d’interessi.
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