Gli scienziati affermano che prima del 2050 saranno 143 milioni le persone che per colpa del cambiamento climatico saranno e spostarsi e quindi emigrare.
Questo potrebbe evitarsi attraverso alcune azioni che influirebbero su una fascia molto ampia, circa l’80%. Fondamentale concretizzare il fatto che non si scappa solo dalla guerra, ma adesso il nuovo nemico comune è il clima.
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Report della banca mondiale
La banca mondiale circa un anno fa pubblica un report, uno studio molto complesso che analizza quale siano i collegamenti tra i fenomeni climatici nel lungo periodo (quindi l’aumento delle temperature), gli spostamenti delle popolazioni attraverso il fenomeno della migrazione e la crescita delle tre arie mondiali in via di sviluppo ( Africa, Asia e America Latina).
Si stima, in base ad alcune previsioni, che le persone ad emigrare per conseguenze climatiche saranno circa 143 milioni entro il 2050.
Più della metà di questa cifra saranno proveniente dall’Africa Sub-sahariana, luogo già in gravissime difficoltà perchè da anni vittima di desertificazione e degrado del suolo.
Per i ricercatori però non è tutto perduto, infatti ci sarebbe la possibilità di riassorbire circa l’80% dei danni, attraverso globali e molto coraggiose.
Migrazione Climatica: Azioni Globali
La domanda più comune è da chi dovrebbero provenire queste proposte di azioni, visto e considerando che i leader mondiali sembra stiano facendo un po’ “orecchie da mercante”.
Sembra quasi quasi che tutti gli avvisi mandati dagli scienziati e dai ricercatori siano passati in secondo piano, o che addirittura non siano stati per nulla ascoltati. Ma la domanda forse più giusta da porsi è: Come verranno tutelati i diritti di chi è costretto ad emigrare per via del repentino cambiamento climatico?
La tristissima verità dei fatti è che probabilmente non verranno tutelati, perchè ci sono moltissimi dibattiti tra stati i quali non riesco ad assumere una decisione univoca.
Alcuni di loro si rifanno al trattato di Ginevra, all’interno del quale manca qualsiasi riferimento allo status di rifugiato climatico.
Questo perchè venne sancito nel 1951. Sicuramente questo rimane comunque una questione molto delicata e spinosa, riconosciuta tale anche dagli Stati Uniti, i quali hanno affidato ai peacekeeping una missione per cercare di risolvere le controversie e trovare una risposta conclusiva.
C’è da dire che però nel 2008 l’Organizzazione mondiale per la migrazione ha riconosciuto la possibile correlazione tra ambiente e migrazione stessa.
Il record di sfollamento interno si è raggiunto nel Burkina Faso, per via di uno sfollamento repentino causato da scarsa sicurezza alimentare.
Le risorse purtroppo tornano ad essere la causa dei conflitti armati, costringendo le popolazioni a sfollare i luoghi ed emigrare.
Per fine, alcune popolazioni come quella dell’Africa Sub-Sahariana, Asia del Sud ed America Latina presa in considerazione dal report della Banca Mondiale corrisponde al 55% di quella globale, è facile comprendere che effettuare un intervento concreto sui fattori ambientali che causano a migrare sia fondamentale per gli equilibri di tutto il pianeta e che la sterile propaganda elettorare populista “aiutiamoli a casa loro” non potrà mai fermare milioni di esseri umani in fuga.
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